Novembre 25, 2019 Studio Associato

Lavoro agile per un’azienda italiana su due, male il «work life balance»

il futuro del workplace non deve mirare solamente a soddisfare le necessità delle aziende perché al centro bisogna mettere le persone, chiamate a guidare nel concreto questa trasformazione

 

di Gianni Rusconi

Più della metà delle imprese italiane, il 55% per la precisione, sta già offrendo o sta pianificando di offrire ai propri dipendenti un orario di lavoro flessibile, con i dipendenti lasciati liberi di scegliere quando iniziare e finire la propria giornata lavorativa, mentre il 44% sta concentrando i propri sforzi su spazi fisici la cui ubicazione sarà affidata direttamente ai propri addetti.
Sono le indicazioni più importanti che emergono da uno studio condotto dalla società di ricerca Idc per conto di Dell Technologies, studio che ha analizzato le strategie aziendali relative a tecnologia e forza lavoro a livello europeo e che conferma la tendenza a una generalizzata diffusione del fenomeno dello smart working. La differenza, rispetto al recente passato, sta nella concretezza delle politiche legate al lavoro agile e all’utilizzo della tecnologia sul posto di lavoro messe in atto dalle imprese, e non solo quelle di grandi dimensioni.

Sicurezza, privacy e governance aziendale sono, per contro, le principali barriere che rallentano ancora oggi nelle organizzazioni della Penisola l’adozione di progetti legati alla flessibilità dei dipendenti. «L’adattamento agli stili di lavoro del futuro è ormai un tema centrale nelle strategie aziendali», ha osservato in proposito Marco Fanizzi, VP & GM Enterprise Sales di Dell Technologies in Italia, ribadendo come «il futuro del workplace non deve mirare solamente a soddisfare le necessità delle aziende perché al centro bisogna mettere le persone, chiamate a guidare nel concreto questa trasformazione».
Concetto, quello della centralità del fattore umano, ribadito con forza anche da Filippo Ligresti, VP & GM Commercial Sales della filiale italiana, secondo cui «i giovani sono oggi molto più selettivi quando devono decidere il posto dove andare a lavorare e per questo le aziende sono chiamate a trasformare il proprio ambiente di lavoro per attrarre, trattenere e permettere ai migliori talenti di esprimersi al meglio».
L’indagine, che ha messo sotto osservazione realtà di sei Paesi europei oltre all’Italia, ha rivelato nel complesso come solo il 29% delle aziende abbia adottato una strategia orientata a un approccio integrato e avente l’obiettivo di mettere l’innovazione e gli strumenti digitali al servizio dei collaboratori e, indirettamente, dell’azienda stessa. L’Italia, come detto, presenta una situazione migliore della media, visto e considerato che il 50% delle imprese campionate ha già avviato programmi di smart working con un ridisegno contestuale degli spazi di lavoro. Davanti al Belpaese si piazzano solo Francia e Repubblica Ceca (con una percentuale del 56% e del 51% rispettivamente), mentre sono alle nostre spalle sia Germania che Spagna (45% e 42%).

Siamo invece sotto la media europea per quanto riguarda il numero di aziende impegnate a interpretare il binomio tra sicurezza informatica e nuove dinamiche lavorative: l’Italia arriva al 48%, con il Regno Unito che guida la classifica con il 64%, seguito dalla Germania con il 57%. Ancora più penalizzante l’indice che misura il grado di importanza assegnato al miglioramento dell’equilibrio tra vita lavorativa e privata dei propri dipendenti nell’ambito dei programmi di smart working: un approccio di questo genere interessa infatti solo il 37% delle imprese italiane mentre Spagna, Germania e Gran Bretagna viaggiano fra il 47% e il 53%.

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